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L'ALTRA FACCIA DEL SUPERBONUS

Il governo non sa cos'altro inventarsi a discapito dell'inefficienza con la quale sta gestendo economia, sviluppo industriale e PNRR. Quale migliore occasione per attaccare - ed attaccarsi - al Superbonus? Ma il governo non può "liquidare" il Superbonus come spesa eccessiva, perché dietro quella spesa vi sono meccanismi di crescita finora non sufficientemente presi in considerazione. Come, invece, ha fatto il ministro Giorgetti ai primi di settembre intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio, dove ha anticipato le difficoltà che avrebbe avuto il governo nella stesura della prossima legge di bilancio e non perdendo l’occasione di prendersela anche con il Superbonus: “A pensarci mi viene il mal di pancia, non solo per gli effetti negativi sui conti pubblici ma perché ingessa la politica economia lasciando margini esigui ad altri interventi. A proposito dei 100 miliardi, questo Governo ne ha pagati 20 e altri 80 sono da pagare. La cena l'han mangiata tutti e poi si sono alzati dal tavolo. A noi resta da pagare il conto che va nel Patto di Stabilità del 2024, 2025, 2026”. La manovra finanziaria sarà "prudente" e questo vuol dire che, come la prima legge di Bilancio targata Meloni è stata in gran parte assorbita dalle misure contro il caro energia, è probabile che anche la seconda riesca a produrre ben poche riforme di quelle promesse dalla Destra in campagna elettorale. E il Governo Meloni sta scaricando le colpe sulle misure ereditate dai precedenti Governi, Superbonus in testa. Tuttavia una corretta valutazione richiederebbe di concentrarsi sicuramente e non soltanto sui costi, ma pure sui i benefici con la necessaria premessa che i costi sono più facili da quantificare: (a) perché pesano direttamente sulla contabilità pubblica, mentre per i benefici il calcolo è ben più articolato (b) perché sono intertemporali, protraendosi negli anni, e intersettoriali, impattando su diversi settori, non solo sull'edilizia. Sono, poi, da quantificare l'effetto del Superbonus sul Pil, sul saldo debito/Pil, sul gettito fiscale, sui redditi e sui consumi, sugli investimenti privati connessi, l'impatto sulle emissioni inquinanti e a, lungo andare, sulla salute. Basti ricordare, a tal proposito, che in Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7% – secondo i dati forniti da Ispra – e che, in generale, il contributo del settore edilizio all'inquinamento atmosferico pesa per il 30%. Se, infatti, gli interventi massivi di riqualificazione energetica di un patrimonio vetusto e inefficiente, come quello italiano, non hanno alcun senso per il Governo, allora è vero che gli investimenti in Superbonus avrebbero potuti essere utilizzati diversamente. Ma se si considera, invece, la grave crisi energetica in cui ci troviamo oggi e gli obiettivi di risparmio energetico che l’Italia deve raggiungere entro il 2030, allora il quadro cambia radicalmente ed il Superbonus non può più essere derubricato a spesa quasi inutile. Diverso, chiaramente, il discorso sulle truffe: fatta la legge trovato l’inganno e questo vale anche per il Superbonus, o meglio per tutti i bonus edilizi, oggetto di frodi fin dalla loro nascita. Esistono, poi, diversi altri studi che provano a fare un bilancio de L rapporto costi-benefici del Superbonus. Uno dei più aggiornati è quello stilato dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti, secondo il quale "nella misura in cui le stime ufficiali hanno sottovalutato i costi dell’operazione, hanno anche e di molto sottovalutato i benefici per le casse dello Stato, mentre va richiamata l’attenzione sul fatto che, al momento, mentre i maggiori costi sono stati valutati e contabilizzati, i benefici, pur essendo in parte contabilizzati, non sono stati ancora adeguatamente valutati e di essi viene quasi completamente ignorata la portata". Uno degli aspetti principali, ad esempio, è quello occupazionale: rispetto al 2019, nel triennio 2020-2022 – che racchiude sia la crisi pandemica sia la crisi energetica – gli occupati sono calati di 907mila unità nell'intera economia, mentre nel settore dell'edilizia si è registrato un incremento in termini cumulati rispetto al 2019 di 373mila posti di lavoro, come da dati Istat. Da considerare anche, ma nulla trapela da fonti governative, che il Superbonus ha dato un notevole contributo - pari al 22% - alla crescita del Pil negli anni 2021 e 2022. Questi dati confermano prima di tutto l'impatto sui redditi per i lavoratori edili derivanti dal Superbonus, dal quale se ne può dedurre a livello intuitivo certamente un sostegno alla domanda e ai consumi. Addentrandosi seriamente e compiutamente, poi,  nei numeri, si può anche quantificare una stima degli effetti fiscali e contributivi del Superbonus, aspetti spesso (volutamente) ignorati perché troppo comodo e tanto utile al governo citare, a livello erariale, il minor gettito fiscale dovuto alle minori tasse incassate dallo Stato per effetto delle compensazioni dei crediti portati dalle imprese e dai cittadini. Ma – come ricorda la Fondazione Nazionale dei Commercialisti – sul fronte del gettito c'è un altro aspetto da tenere in considerazione, ovvero la retroazione fiscale che scaturisce dagli effetti moltiplicativi derivanti dalla spesa per il Superbonus sulla produzione e sul reddito, che porta alla fine a generare maggior gettito: quindi l'Iva, l'Irpef, Irap, Ires, contributi previdenziali Inps e via dicendo. Questi parametri contribuiscono ad abbattere il costo netto del Superbonus, perché una parte ritorna nelle casse dello Stato sotto forma di tasse. Un aspetto evidenziato anche dalla Banca d'Italia nella relazione annuale del 2022 che ha affermato come, "tenendo conto di questi fattori si può stimare che il costo netto per le finanze pubbliche delle agevolazioni introdotte nel 2020 sia comunque di circa la metà del loro valore", fermo restando che si tratta di "un ammontare significativamente superiore alle stime governative iniziali". La fondazione dei commercialisti stima un effetto di retroazione fiscale pari al 35%, vale a dire che per ogni euro di investimento in edilizia, grazie agli effetti moltiplicativi sulla produzione e sul reddito, si generano 0,35 centesimi di gettito fiscale. Se lo Stato spende un euro e all'Erario ne tornano indietro 35 centesimi, la spesa pubblica netta sarà di 65 centesimi. E, se si tengono insieme gli effetti diretti – produzione generata dalla spesa in un settore, come semilavorati e prodotti intermedi – quelli indiretti – produzione innescata in altri settori – e quelli indotti – maggiori redditi, maggiori consumi e quindi nuove produzioni attivate – per ogni incentivo fiscale speso nell'edilizia, in media il costo netto per lo Stato sarebbe pari a 64,9 centesimi di euro e il valore aggiunto saprebbe pari a 94,6 centesimi di euro (fonte dati: Fondazione Nazionale dei Commercialisti). Ancora, secondo uno studio Nomisma, l'impatto economico complessivo del Superbonus sull'economia nazionale sarebbe stato anche più alto e pari a 195,2 miliardi di euro –  con un effetto diretto di 87,7 miliardi di euro e 39,6 miliardi di euro di effetti indiretti – per un totale di produzione aggiuntiva attivata di 127,3 miliardi di euro a cui andrebbero aggiunti ulteriori 67,8 miliardi di euro di indotto. Secondo, poi, stime del Censis nel suo rapporto «Ecobonus e superbonus per la transizione energetica del paese» la misura economica, in circa due anni di vigenza, avrebbe contribuito alla crescita del Pil per 73 miliardi di euro. Sempre Nomisma ricorda come, dal punto di vista immobiliare, l’incremento del valore degli immobili oggetto di riqualificazione, nell’ipotesi che tutte le unità immobiliari riqualificate rientrino nelle classi energetiche inferiori, supererebbe i 7 miliardi di euro. Dal punto di vista ambientale, lo studio della Società di ricerche precisa che "in uno scenario – in cui si stima che in Italia il settore delle costruzioni consumi oltre il 30% dell’energia primaria (generata per il 93% da fonti non rinnovabili) e sia responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra – risulta particolarmente rilevante anche una valutazione dell’impatto positivo a livello ambientale: dai risultati dello studio emerge una riduzione totale delle emissioni di CO2 in atmosfera, responsabile mediamente del 40%". Impatti notevoli anche sui consumi energetici delle famiglie – sempre secondo Nomisma – con risparmi pari a 29 miliardi di euro stimati su cantieri già conclusi: nello specifico, per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, considerando anche il periodo straordinario di aumento dei costi dell’energia, è infatti risultato pari a 964 euro all’anno. Lo studio evidenzia anche una riduzione del 15,5% per un solo salto di classe energetica, del 30,9% per un salto di 2 classi energetiche e del 46,4% per un salto di 3 classi. Come si è visto, quantificare i benefici del Superbonus è molto più complesso rispetto al tener conto dei costi perché i ritorni positivi sono intersettoriali e intertemporali. Al di là del ritorno economico per lo Stato – che il governo sottace – e che sarà suscettibile di aggiornamenti man mano che passerà il tempo e aumenteranno le evidenze, è piuttosto chiaro che il bonus edilizio ha funzionato da booster per l'economia nella fase successiva al crollo pandemico e da tonico quando è arrivata la crisi energetica, pur rappresentando una zavorra in termini di indebitamento netto. Ed è, appunto, quanto scrive la Fondazione Nazionale dei Commercialisti: "È evidente che se si considera adeguatamente l’effetto di retroazione fiscale, l’impatto del Superbonus 110% sulle finanze pubbliche è addirittura positivo, nel senso che l’incremento di Pil generato, comunque, a debito, cioè facendo deficit, sarebbe superiore all’impatto sul debito, migliorando, in termini percentuali, i fondamentali di finanza pubblica". Tuttavia il governo, segnatamente il ministro Giorgetti e la premier Meloni, non manca di tacciare la misura sempre e solo come una sciagura per le finanze dello Stato. E politicamente ha validi motivi per farlo: il suo governo è costretto a operare con uno spazio di manovra ridotto anche a seguito del ritorno dei vincoli del Patto di Stabilità. Ma, sempre politicamente, non può attribuirsi meriti per le migliori performances dell'economia italiana rispetto ad altri Paesi Ue come la Germania nel periodo della crisi energetica: questo Paese è entrato in recessione da un pezzo mentre l’Italia ha visto un primo arretramento del Pil – a causa del calo della domanda interna innescata dai rialzi dei tassi e dall'inflazione – solo nello scorso trimestre, come rilevato dall'Istat. Il governo, quindi,  non si può far finta che alla tenuta dell'economia non abbiano contribuito, tanto o poco, anche i bonus edilizi, continuando ad additare solo il peggio del Superbonus mentre se ne tacciono i benefici. Troppo facile, per il governo, strumentalizzare i numeri e, soprattutto, occultare i reali benefici per i lavoratori.




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