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PIÙ GIUSTIZIA SOCIALE: REGOLARIZZARE TUTTI I LAVORATORI IRREGOLARI

La regolarizzazione dei lavoratori stranieri puo contribuire di certo ad aumentare le entrate tributarie, Iva compresa. Ma i benefici maggiori si avrebbero se il provvedimento di legge riguardasse tutti i settori e comprendesse anche gli italiani che lavorano in nero. Il decreto legge “Rilancio” ha affrontato la questione ma ha limitato la portata della regolarizzazione ai lavoratori stranieri impiegati solo in alcuni settori quali agricoltura, allevamento, assistenza familiare, lavoro domestico. La scelta non è completa e riduce i possibili effetti positivi in termini di entrate pubbliche segnatamente con riguardo all'IVA. Studi recenti di esperti analisti economici, redatti incrociando dati forniti dal MEF sull’Iva di competenza e sul tasso di irregolarità fornito dall'Istat, che include i lavoratori irregolari sia italiani che stranieri, hanno stimato che, su base nazionale, un aumento di un punto percentuale del tasso di irregolarità produce un effetto di segno opposto che varia tra -1,1% e -1,5%  in termini di gettito Iva. Questo è spiegabile per almeno tre motivi: (1) le imprese che usano lavoro irregolare sono propense a non dichiarare tutta l’Iva sulle vendite per evitare eventuali controlli fiscali volti ad accertare discrepanze tra costi e ricavi; (2) le imprese con lavoratori irregolari sono generalmente più piccole e meno produttive di quelle che non ricorrono al lavoro irregolare, rimangono perciò nell’ombra più facilmente, con conseguenze negative sul volume di attività totale e sulla base imponibile Iva; (3) le imprese con dipendenti irregolari così come i lavoratori autonomi irregolari utilizzano in larga misura denaro contante e tendono a effettuare acquisti senza fatture, riducendo il meccanismo di tracciamento delle operazioni "business-to-business" in quanto non hanno incentivi a dedurre i costi di produzione ai fini della dichiarazione Iva. La relazione tra lavoro irregolare e Iva assume effetti negativi sul tasso di crescita Iva prima decrescenti e poi crescenti. Gli effetti negativi maggiori si registrano ovviamente per livelli più alti di irregolarità: al Sud dove il tasso di irregolarità Istat è pari a circa il 17% (rispetto al 10% del Centro-Nord) viene stimata una variazione positiva dell’Iva dichiarata superiore al 2% a seguito di una riduzione del lavoro irregolare di un punto percentuale. Dalle analisi statistiche svolte emerge anche come gli effetti maggiori si abbiano nel settore dei servizi privati dove una riduzione del tasso di irregolarità dell’1% consentirebbe un incremento dell’Iva di circa l’1,7%. Regolarizzare, quindi, non solo i cittadini stranieri irregolari ma anche il lavoro nero di quelli italiani consentirebbe di avere maggiori entrate pubbliche, utili non solo in questo periodo d’emergenza. Tuttavia, il fatto di limitare la regolarizzazione a determinati settori significa mantenere ridotto gli effetti positivi sulle entrate fiscali. È poi così difficile fare il passo decisivo in tal senso?




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