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VERSO IL REGIME: LA RICERCA DELLO SPAZIO VITALE.
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- Di Comintern
- Sabato, 21 Giugno 2025 05:57
Fin dall'insediamento definii fascista il governo Meloni a completamento di un giudizio politico che avevo espresso pochi giorni prima del voto, laddove indicavo come corporativo il programma economico delineato dalla futura premier al Villaggio Coldiretti a Milano. In quell'occasione, da lei poche parole pesate e pesanti come macigni - “La nostra bussola è un concetto molto semplice: non disturbare chi vuole fare, chi vuole produrre ricchezza, chi vuole lavorare” - riferite evidentemente al mondo dell'imprenditoria e con le quali venivano tracciate, con estrema chiarezza, tre direttrici di marcia, devastanti e destabilizzanti per la classe dei lavoratori salariati. Così è stato e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro nelle quali sono costretti a fare (letteralmente) i conti ogni giorno donne e uomini che vivono di salario, che con riferimento alla progressiva emarginazione del sindacato, i cui rappresentanti sono convocati di fatto solo per essere informati di decisioni già prese. Stabilito il programma economico bisognava, una volta al governo, definire la strategia politica più idonea alla sua realizzazione: una sovrastruttura che non potendo essere snella doveva per forza di cosa essere agile e veloce. Nasceva il governo del Capo che si sarebbe snodato puntando a rafforzare il potere esecutivo, sia nei confronti di quello giudiziario (il governo non poteva avere troppi vincoli e troppi controlli sul proprio operato) che rispetto a quello legislativo (il governo non poteva perdere tempo a discutere proposte di legge avendo la maggioranza assoluta sia alla Camera dei Deputati che al Senato). Da qui due linee di condotta: emarginare la Magistratura, esautorare il Parlamento. Il primo obiettivo è in fase di completamento, manca solo la separazione delle carriere dei magistrati per arrivare ad affidare al governo il pieno controllo dei magistrati requirenti. Il secondo si sta snodando in due fasi: la prima, più semplice da realizzare è trasformare il Parlamento in una formalità con il ricorso al voto di fiducia. Questa sistematica azione è la spia di un metodo: non si tratta (se non raramente) di "serrare i ranghi" della maggioranza ed evitare franchi tiratori ma è un preciso espediente per tagliare fuori il Parlamento, impedire modifiche ai testi di legge, sterilizzare il dibattito. Sono le statistiche, quelle oggettive che danno fastidio al governo ma che parlano chiaro: dal 2022, il 37% delle leggi approvate sono conversioni di decreti legge, la percentuale più alta dal 1996. In Parlamento non si discute, si ratifica e se la fiducia all'operato del governo viene bocciata, cade tutta l'impalcatura che Meloni e compagnia stanno realizzando: il regime. Alla cui piena ed effettiva realizzazione diventa sempre più necessario l'ultimo atto: il premierato, appunto il governo del Capo.