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TRA AUTOCRAZIA E DEMOCRAZIA BORGHESE: LA SCELTA DEI COMUNISTI.
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- Di Comintern
- Domenica, 18 Maggio 2025 14:03
Quello che mi colpisce nel dibattito tra comunisti, in essere da più di tre anni, è il fatto che venga ricordato immediatamente - a chi critica l'autocrazia in Russia che ha portato sull'invasione dell'Ucraina con tutte le conseguenze politiche e sociali - che, però, l'Unione Europea è un covo di capitalisti e di banchieri che soffocano la sovranità popolare e via dicendo. A seguire nel discorso c'è, ovviamente, la proposta politica dell'uscita dell'Italia dall'Unione Europea e dalla moneta unica per evitare e superare lo strangolamento del capitalismo praticato nei palazzi di Bruxelles. Questo manicheismo non porta da nessuna parte se non verso il logoramento dei compagni "più deboli" dal punto di vista teorico, dialettico e psicologico. Allora bisogna mettere il punto, semmai per contribuire a una più completa riflessione e a un'altrettanta completa duscussione. Parto dal presupposto che quest'Europa - e, per dirla con Lenin, questi Stati Uniti di Europa - non rappresenta né il presente e né il futuro del movimento operaio europeo, il cui orizzonte resta l'internazionalismo proletario, ma sono il terreno entro il quale deve necessariamente svilupparsi, dal nostro essere sociale, la giusta coscienza di classe per mettere in moto le forze del cambiamento. Come indicarono Karl Marx ed Friedrich Engels quando scrissero «L'ideologia tedesca» tra il 1845 e il 1846: "Il comunismo è possibile empiricamente solo come un’azione dei popoli dominati tutti in una volta e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che esso comunismo implica. Solo con questo sviluppo universale delle forze produttive possono aversi relazioni universali fra gli uomini, perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda". Ma cosa è l'internazionalismo operaio? E cosa è, invece, il cosmopolitismo? Bisogna tenere conto che «Internazionalismo» e «Cosmopolitismo» non sono assolutamente espressioni similari che esprimono concetti analoghi dal punto di vista dell’analisi dei fattori macroeconomici. È, quindi, importante fare chiarezza, visto il dibattito in corso su sovranità e uscita dall'euro, in questo particolare momento politico e sociale che sta attraversando l’Europa scossa anche dal conflitto ucraino. Decisive le differenze: l'internazionalismo proletario riconosce e persegue globalmente gli interessi collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori salariati contro le divisioni nazionali e contro il ruolo dello Stato in quanto supporto politico alla concentrazione del capitale mentre il cosmopolitismo riconosce e persegue l'affermazione globale degli interessi individuali delle lobbies capitalistiche al di sopra dello Stato nazionale di cui, però, mantiene saldamente sia il controllo politico che la natura di classe. Ancora, l’internazionalismo non prescinde dall’esistenza delle nazioni e degli Stati, ha un carattere collettivo di classe e si propone di superare le differenze e le rivalità nazionali e statali mediante la costruzione di una solidarietà e di una unità di intenti economici e politici tra classi subalterne e lavoratori salariati appartenenti a nazionalità differenti nei confronti del capitale mentre il cosmopolitismo prescinde dalle nazioni avendo un carattere individualistico che sul piano economico esprime il criterio, vitale, della mobilità perché il capitale ha bisogno sia dello Stato – per le garanzie e le norme giuridiche che lo proteggono – che di un’ampia libertà di movimento – oltre e al di sopra dei confini statali – per la sua valorizzazione. In Europa le reazioni al globalismo finanziario, al transnazionalismo del grande capitale si stanno traducendo in una sorta di ritorno di fiamma di un nazionalismo in certi casi condito - anche tra militanti comunisti - da un pericoloso sciovinismo e da un più confuso sovranismo. Sovranismo e sciovinismo che attecchiscono nelle devastazioni causate dalla ferocia del liberismo e della globalizzazione, venendo alimentati dalle contraddizioni del conflitto armato tra Russia e Ucraina e raccogliendo consensi più di protesta irrazionale che di organica proposizione politica alternativa, per lo meno in Italia. Essere contro l'autocrazia e lo sciovinismo panrusso di Putin non significa assolutamente - da comunista - essere fiancheggiatore del capitalismo finanziario e dei potentati economici di Bruxelles oppure sostenitore di un nazionalismo rossobruno. Ma l'Europa, questa Europa, serve maledettamente alle forze politiche socialiste e comuniste e al movimento operaio, come giardino nel quale porre solide radici dalle quali far crescere e prosperare la battaglia unitaria nel nome della lotta di classe e dell'internazionalismo proletario. Missione se non impossibile altamente dispendiosa in termini di vite umane da portare avanti in Stati autoritari. L’obiettivo delle masse popolari è la costruzione della società socialista ed i fattori caratterizzanti la lotta per questo obiettivo sono due e divergono da un freddo e insensato appiattimento su posizioni nazionaliste, comunque variegate, ma di fatto reazionarie ed anti-socialiste:
1. il conflitto tra classi opposte, tra oppressi e oppressori, tra chi ha il capitale e chi ha le braccia, e che non consiste nel discutere senza senso di élite e di popolo ma serve invece a chiarire la loro relazione con il capitale e con il lavoro salariato
2. la necessaria internazionalizzazione del conflitto tra i due campi
Il nazionalismo e il sovranismo sono antitetici all’internazionalismo proletario. La via per il movimento comunista mondiale è tracciata, il campo di riferimento è quello degli oppressi in patria così come oltre i confini nazionali, in solidarietà e in supporto degli oppressi di altri Paesi, ovunque essi siano. E’ necessario, allora, da un lato non cadere nella trappola della «sovranità» propagandata da regimi autocratici che puntano al consenso plebiscitario del capo e, dall'altro, liberarsi da una concezione aleatoria della «sovranità» alimentata dai regimi di democrazia borghese che puntano a favorire, in assenza della prospettiva di una democrazia consiliare, il risorgere di una mistificatoria sovranità nazionale per evidenziarne definitivamente le sostanziali differenze politiche e di prospettiva. Da comunisti sappiamo, e dobbiamo ribadire, che la sovranità nazionale ripropone all'interno di uno Stato il potere del capitale nazionale contrapposto al capitale internazionale, mentre la sovranità popolare, mediante varie forme di democrazia diretta, realizza il superamento della società capitalista. Ecco perché non fiancheggiare e condannare regimi reazionari nel mentre servirsi delle democrazie borghesi e dei parlamenti borghesi per portare avanti in Europa la battaglia unitaria per il Socialismo.