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PER FERMARE IL FASCISMO BISOGNA CAMBIARE REGISTRO

Non basta più provare scalpore e incredulità, sia da parte di istituzioni politiche che da parte di semplici cittadini tedeschi ed europei, per il successo elettorale ottenuto dal partito AfD nelle ultime elezioni politiche in Germania. Di fatto, lo spettro nazista torna ad aggirarsi nel cuore dell'Europa, soprattutto in un Paese la cui storia è stata drammaticamente segnata dalla nascita del male assoluto, il nazismo impersonato con "folle lucidità" da Adolf Hitler. Il problema da affrontare e di cui discutere, in primis in Germania ma non solo, non è quello di mettere fuorilegge un partito reazionario di Destra ma quello di fermare, legalmente ma anche politicamente, il radicamento di un partito e la proliferazione di un'ideologia dichiaratamente nazisti, tra l'altro in Germania vietati dalla Costituzione e in Europa banditi come formazione politica e come ideologia di morte. Tornando alla Germania, il Partito AfD ha due teste: quella di Alice Weidel, leader nazionale, e quella di Björn Höcke, leader in Turingia (ex DDR). Weidel ha imparato come dare al partito un'impronta sovranista per collocarlo nell'alveo dei «Patrioti»  a livello europeo, a braccetto con gente quale Salvini e Orbán, limitandosi nei suoi discorsi ad opporsi al matrimonio e alle adozioni per le coppie dello stesso sesso, all’aborto e alle politiche a favore dell’identità di genere (nonostante sia dichiaratamente lesbica e abbia due figli adottivi). Sotto la sua guida, il partito rifiuta la politica dei confini aperti e nega il cambiamento climatico, in politica estera, pur sostenendo la NATO e gli Stati Uniti, si oppone alle sanzioni contro la Russia e promuove relazioni più strette con Mosca. La musica cambia con Höcke, che è dichiaratamente nazista ed usa frasi del tipo «Noi tedeschi siamo l’unico popolo al mondo che ha piantato un monumento alla vergogna nel cuore della sua capitale» e/o che ripete con metodo concetti quali «Qualsiasi partito del cartello voi votiate avrete più Ue, più euro, più multiculturalismo, più insicurezza, più retorica della guerra, meno identità tedesca, e avrete meno Germania. E noi questi li manderemo a casa» oppure indicando, alla vigilia del voto, un futuro da «Paese libero e sovrano», grazie «alla remigrazione»cioè l’espulsione degli stranieri indesiderati, oppure urlando nelle piazze lo slogan «Alles für Deutschland» che era il motto della Sturmabteilung (SA) che fu l’ala paramilitare originale del partito Nazista. Questo partito è un pericolo per la democrazia, che è quella borghese, intesa come libera convivenza civile e pacifica di uomini e donne, e come tale deve essere fermato. Hitler cominciò così la sua ascesa, con veementi discorsi sulla rinascita della Germania e sulla lotta all' ebraismo e al bolscevismo. Fu tollerato, qualcuno pensò di usarlo ma sbagliò i conti, fu finanziato dai circoli industriali e militari della Germania, vinse le elezioni che la fragile democrazia tedesca fu costretta ad indire. Ed abbiamo visto come è andata a finire!! Sarà poi compito del governo nazionale (e delle forze di Sinistra e comuniste) far capire con chiarezza a coloro che hanno votato AfD qual era il suo reale obiettivo e dove avrebbe condotto la Germania e l'Europa. Bisogna saper imporre la democrazia ad una minoranza che lotta non per conquistare il potere politico quanto per sradicarne le radici in nome della supremazia etnica. Compito non certo facile e neanche  semplice ma che è diventato necessario. Detto questo, affronto un tema più propriamente storico-politico, partendo da una domanda: come è possibile che nella DDR, al crollo del regime che per quarant'anni aveva governato, abbiamo assistito ad un arretramento ideologico e teorico delle forze socialiste e comuniste che anticipò quello che sarebbe avvenuto quasi due anni dopo in Italia con la liquefazione del più grande partito comunista d'Europa - il PCI - che per oltre quarantacinque anni era stato il baluardo a difesa della democrazia e a sostegno delle masse popolari nel nostro Paese? Molto semplicemente ma anche molto realisticamente rispondo: perché sia gli eredi della SED che del PCI pensarono bene di rifarsi una verginità politica, abbandonando completamente un percorso storico e politico che andava invece analizzato, rivisto e ripulito da deviazioni e infiltrazioni borghesi per essere riportato alla sua propria radice teorica del Socialismo Scientifico e politica della Rivoluzione di Ottobre. Allorquando i gruppi dirigenti dei due partiti decisero di voler azzerare tout court l'esperienza e la storia del Socialismo, pensando di poter meglio essere accettati da un'opinione pubblica sconvolta ma disorientata dalla caduta del muro e dalla fine dell'URSS, furono fagocitati dal sistema che avrebbero forse voluto contribuire a cambiare ma che li rese la brutta copia di quanto già esistente nel campo borghese. Soprattutto in Germania, dove il fenomeno è più preoccupante e di portata più ampia che in Italia, le forze politiche di Destra ebbero buon gioco a cavalcare il disorientamento delle masse popolari - parliamo di milioni di donne e di uomini - parlando loro di riscatto sociale da ottenere a scapito della grande finanza (che di fatto finanziava quelli che all'epoca erano gruppuscoli che si pensava di poter gestire e controllare) e degli immigrati che rubavano il lavoro ed il futuro (che di fatto servivano al capitale e all'impresa nazionale come spauracchio da contrapporre ai lavoratori tedeschi per mantenere bassi i salari all'est dopo la forzata e sbrigativa unificazione. Ad oggi, la Germania è a un passo dal baratro, grazie anche alla divisione delle forze di Sinistra, laddove una Die Linke è appiattita su posizioni socialdemocratiche e una BSW è una forza rossobruna quasi collaterale alla Desta razzista: posizioni chiaramente inconciliabili anche nell'ipotesi di costruzione di un Fronte Popolare Antifascista sulla falsariga di quello organizzato in Francia. In Italia il discorso è relativamente più semplice: non esistono né un Partito Comunista e neanche una forza di Sinistra alternativa in grado di incidere nella società e di ricostruire un consenso e una partecipazione di classe da parte di milioni di lavoratrici, di lavoratori, di giovani che pure hanno diritto ad un futuro che comporti dignità sul lavoro e certezza di una vita familiare e di una partecipazione sociale degne di un paese realmente giusto, solidale e democratico. Esistono gruppuscoli e partitini guidati da gruppi dirigenti dogmatici oppure settari oppure velleitari ma certamente autoreferenziali che sopravvivono guardandosi allo specchio. Esiste un Partito Democratico, figlio di scelte antistoriche, burocratiche ed opportunistiche decise negli anni Ottanta da un gruppo dirigente che aveva già smarrito la teoria socialista del partito di classe e aperto la strada alla peggiore omologazione ad un sistema che di lì a poco sarebbe franato sotto i colpi della corruzione di Stato.  La nebbia ancora oggi avvolge questo Partito paralizzato da correnti e da fazioni che ne appesantiscono il corrente percorso politico. Che fare allora? Troppo semplice rispondere: tornare alle origini, riprendere parole d'ordine rivoluzionarie e di classe, portare avanti unitariamente un programma ed un progetto politico che siano condivisi e senza più deviazioni o tentennamenti, senza più paura di urlare in piazza la rabbia contro il capitalismo e di rinunciare a mediazioni al ribasso. Far capire nei luoghi di lavoro e in piazza che alla dittatura del capitale non c'è altra risposta concreta ed altro futuro possibile se non la dittatura del proletariato!!





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