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UNA SFIDA ATTUALE: LA RIEDUCAZIONE DEI DETENUTI

In questi giorni il caso Cospito si sta trasformando in un dibattito «carcere duro sì, carcere duro no?» ed ovviamente l'argomento è più che mai divisivo, a sinistra. A tutto il 31 dicembre 2022, i detenuti nelle carceri italiane sono circa 57.000 mentre i posti regolamentari sono 51.000. Di questi - secondo uno studio di Antigone, associazione che da anni si occupa di diritti e delle garanzie nel sistema penale - circa 4.000 sono indisponibili e quindi nelle carceri italiane ci sono circa 9.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare. Con riferimento all'art.41bis, numerosi giudici oltre che numerosi cittadini difendono l'istituto, considerato di grande importanza per la lotta al crimine organizzato ma c'è anche chi ne contesta una presunta incostituzionalità, con particolare riferimento all'articolo 27 della Costituzione che recita "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Quanti, e chi, sono i detenuti in Italia sottoposti al 41bis? Secondo i dati del ministero della Giustizia, aggiornati ad ottobre del 2022, attualmente i detenuti al regime del 41bis sono 728. Di questi, la stragrande maggioranza - 716 detenuti - è costituita da uomini mentre sono solo 12 le donne sottoposte al carcere duro.

Si tratta di circa l'1,3% del totale delle persone detenute nel nostro Paese, la maggior parte presente nel carcere de L'Aquila, ma numerosi prigionieri al 41bis si trovano a Milano (Opera), Sassari, Spoleto, Novara e Parma. Quindi nelle nostre carceri abbiamo "solo" 728 detenuti affidati al carcere duro (41bis) ma abbiamo la quasi totalità di detenuti affidati alla carcerazione ordinaria. Ebbene, in questa platea di persone - quasi io 99% della popolazione carceraria - lo Stato potrebbe decisamente intervenire con lo strumento della rieducazione del detenuto. Il condizionale è d'obbligo in Italia per il semplice motivo, a mio avviso, che non esistono strumenti e/o esperienze consolidate di percorsi riabilitativi completi dei nostri detenuti. Per percorsi riabilitativi completi intendo rieducazione al lavoro e allo studio, finalizzati al pieno recupero civile e sociale del detenuto: gli attuali affidamenti a vari servizi sociali non servono assolutamente a restituire piena dignità e piena consapevolezza di recupero al detenuto. Una ragione in più, dal mio punto di vista, per cominciare a pensare all'istituzione sul territorio nazionale, in particolari aree geografiche, di veri e propri Campi di Rieducazione. Verrebbero, in tal modo, alleggerite strutture carcerarie e finalizzati percorso di recupero e reinserimento dei detenuti meritevoli.




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