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UCRAINA: IL PECCATO ORIGINALE DI PUTIN.

Dopo i fatti di piazza Maidan, accaduti a Kiev tra il novembre del 2013 e il febbraio del 2014, ebbero inizio gli scontri tra le forze europeiste, all'epoca controllate dai fascisti di Pravyj Sektor e di Svoboda, e le forze filorusse ribellatesi al governo centrale politicamente e militarmente. In quella fase l'Ucraina era un paese allo sfascio, in preda ad affaristi e speculatori, indifeso di fronte a pressioni politiche di varia natura. Nessuna mediazione tentò la Russia neanche di fronte allo scoppio delle prime ostilità tra le zone a sud-est del Paese, controllato dalle milizie filorusse, e le forze del governo centrale di fatto controllate da gruppi nazisti (battaglione Azov, battaglione Dniepr, battaglione Donbass e altri). Truppe russe, invece, approfittando delle ultime fasi dei disordini in piazza Maidan a Kiev, occuparono militarmente la Crimea il 22 febbraio del 2014, il parlamento russo votò il 1 marzo 2014 una risoluzione che autorizzava il presidente Putin ad inviare truppe in Ucraina e l'11 marzo 2014 il nuovo governo filorusso di Sinferopoli dichiarò la propria indipendenza dall'Ucraina. Il Paese era ormai alle soglie della guerra civile che ebbe di fatto inizio col massacro avvenuto a Odessa il 2 maggio 2014 quando, durante una manifestazione di piazza contro l’impeachment dell'ex presidente ucraino Yanukovich, 48 persone tra sindacalisti, membri di partiti di sinistra e vari manifestanti trovarono la morte in un rogo avvenuto nella Casa dei Sindacati e i cui autori furono esponenti dei movimenti paramilitari di estrema destra. Fu in quel periodo che l'Europa tentò una prima mediazione tra le parti in conflitto appoggiando gli incontri - ce ne furono due in due anni, 2014 e 2015 - poi noti come «Protocollo di Minsk». Ma quello fu anche il momento in cui, verosimilmente, la NATO decise di pianificare il suo intervento indiretto in supporto all'esercito ucraino. Si giunse quindi mesi dopo, per l'esattezza il 5 settembre 2014, alla firma del (primo) «Protocollo di Minsk» sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) per porre fine alla guerra in Ucraina orientale. All'incontro in Bielorussia partecipò il Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina - composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e Repubblica Popolare di Luhansk (LNR) - e fu sottoscritto un accordo in dodici punti volto a risolvere la secessione delle regioni filorusse. L'accordo fu completamente disatteso e le ostilità continuarono. Si giunse allora al «Protocollo di Minsk II» che fu redatto l’anno successivo (11 febbraio 2015) da capi di Stato e di governo di Ucraina, Russia, Francia e Germania, meglio noto come Quartetto Normandia. Anche questo accordo è rimasto carta straccia, a nulla è valso un nuovo vertice del Quartetto Normandia, tenutosi a Parigi il 9 dicembre 2019, anche se solo per uno scambio di prigionieri e per prefigurare una modifica costituzionale che potesse garantire ampia autonomia ai russofoni ucraini. Nessun intervento incisivo ed oggi ci ritroviamo con una guerra di conquista in piena regola, scatenata dalla Russia in violazione del diritto internazionale con margini di trattativa riditti ai minimi termini e soprattutto senza che quel governo abbia fatto quanto in suo potere per evitare questa tragedia umanitaria.




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