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"FLAT TAX": UN NODO SCORSOIO

Le discussioni sulla formazione del nuovo governo sembrano confermare che la “flat tax” sarà uno dei punti centrali del programma, che non esito a definire reazionario, del governo «Giallo Verde». Dalla versione definitiva del «Contratto» si legge che il futuro governo punta a una “flat tax” e la base imponibile è costituita dal reddito familiare e non da quello individuale come per l’attuale Irpef. In dettaglio saranno due gli scaglioni: fino ad 80mila euro aliquota del 15% ed oltre gli 80mila euro aliquota del 20%; oltre che dalle due aliquote, la progressività viene realizzata da una deduzione di 3mila euro che va moltiplicata per il numero dei componenti se il reddito familiare è inferiore a 35mila euro, per il solo numero di quelli a carico nel caso di reddito familiare tra 35mila e 50mila euro, zero oltre questa cifra. Un primo problema di mera costituzionalità si pone proprio con riferimento alla determinazione della base imponibile in base al reddito familiare perché penalizzerebbe le coppie sposate che dovrebbero sommare i propri redditi e quindi più facilmente sarebbero sottoposte alla maggiore aliquota. Altri problemi sollevati dal passaggio a un’imposta del reddito “flat” – determinanti alcuni per la tenuta economica del sistema ed altri per la dignità del lavoro e della persona – potrebbero essere:
• quale sarà l’effetto sulla domanda e/o sulla crescita economica?
• diminuirà l’evasione fiscale grazie alle minori aliquote? E di quanto?
• i contribuenti saranno spinti (costretti) a lavorare di più per produrre più reddito?
• sarà considerato reddito familiare quello prodotto da coppie conviventi e/o di fatto?
È ovvio che una riforma di questo tipo pone soprattutto due questioni centrali: (1). chi beneficerà maggiormente della riduzione di imposta? (2). la riduzione di gettito produrrà conseguenze sulla spesa pubblica? I due problemi sono strettamente legati perché i guadagni ottenuti in termini di minore imposta potrebbero essere annullati dal calo della quantità o della qualità dei servizi pubblici ma anche dall’aumento di imposizioni indirette. Con riferimento al primo dei due aspetti, bisogna valutare la portata della riduzione dell’imposizione fiscale su famiglie con diverse tipologie di redditi e quindi è necessario fare alcuni esempi: una famiglia con reddito totale di 30mila euro oggi paga 210 euro di Irpef e con la “flat tax” ne pagherebbe 780 (in tal caso potrà avvalersi della clausola salvaguardia e dunque in questo caso non guadagnerebbe e non risparmierebbe nulla); una famiglia con reddito totale a 40mila euro risparmierebbe 268 euro all’anno; una famiglia con reddito totale a 50mila euro risparmierebbe circa 1.989 euro all’anno; una famiglia con reddito totale a 60mila euro risparmierebbe 3.247 euro all’anno; una famiglia con reddito totale a 80mila euro risparmierebbe 8.744 euro all’anno. La riduzione complessiva di gettito fiscale sarebbe di circa 50 miliardi di euro. Valutando l’incidenza della riforma fiscale sull’intera popolazione, per decili di reddito complessivo familiare – ordinando cioè le persone in ordine crescente di reddito annuo e dividendole quindi in dieci gruppi a cui sono associate le percentuali di reddito prodotto – la metà circa del risparmio andrebbe alle famiglie collocate nel decimo decide equivalente ad reddito totale medio pari a 104.537 euro (con 10.172 euro di risparmio medio annuo in valore assoluto e con un’incidenza del 51,8% di risparmio totale) mentre la “classe media” compresa in un range di reddito complessivo tra 32.960 euro e 47.886 euro, posta tra il sesto e l’ottavo decile, avrebbe un risparmio medio annuo che andrebbe rispettivamente da 1.068 euro a 2.080 euro e con un’incidenza che oscillerebbe conseguentemente tra il 5,4% ed il 10,6% di risparmio totale. In conclusione, la riforma porta a risparmi modesti per la classe media se confrontati con quelli della classe più ricca, che invece assorbirebbe più della metà del totale. Il fabbisogno necessario è anch’esso molto elevato: cinquanta miliardi di euro da recuperare tra minore evasione (auspicata?), maggiori altre imposte (quali?) e minori spese (dove?). Resta comunque il dato di fatto che questo delicato punto del Contratto di governo conferma – tra gli altri – la valenza illusoria ed ipnotizzante dell’intero impianto programmatico della Lega e del Movimento 5 Stelle nonché la sua marcata valenza di classe ben camuffata da slogan e da immagini digitali che hanno condizionato ed orientato le intenzioni di voto proprio – ma non solo – delle classi popolari a cui, resta ben inteso, una sinistra frammentata, spontaneista ed autoreferenziale non ha saputo dare adeguate e credibili risposte.
(fonte dati statistici: SILC, Statistics on Income and Living Conditions)
 
Salerno, 19 maggio 2018



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