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INFLAZIONARE LA CRESCITA PER SVILUPPARE IL PIL ITALIANO

Le variabili che concorrono a comporre il Prodotto interno lordo (Pil) dell'Italia sono:

  • Consumo (C) cioè acquisto di beni di consumo, sia di produzione nazionale che estera, da parte delle famiglie
  • Investimenti (I) cioè beni acquisiti per uso futuro che sono composti da investimenti fissi delle  imprese, quali impianti e attrezzature, e/o investimenti residenziali, quali immobili industriali o abitativi e/o  investimenti in scorte, anche di magazzino
  • Spesa pubblica (G) cioè acquisti, sia di produzione nazionale che estera, di beni e servizi da parte del settore pubblico (Stato, Regioni, Comuni) la cui voce principale è costituita in Italia dalla sanità, poi dalla previdenza e poi dalle retribuzioni ai dipendenti pubblici
  • Esportazioni nette o saldo commerciale (X-IM) cioè il valore totale delle esportazioni (X) meno il valore totale delle importazioni (IM) laddove le esportazioni sono i beni e servizi prodotti in un Paese e venduti all’estero, cioè domanda di beni nazionali da parte del resto del mondo, e le importazioni sono i beni e servizi che un Paese compra dall’estero, cioè domanda di beni esteri proveniente dai residenti, cioè consumatori, da imprese, da governo 
  • Investimento in scorte cioè differenza tra beni prodotti e beni venduti in un anno laddove, se Produzione>Vendite le scorte aumentano, se Produzione<Vendite le scorte diminuiscono

Il dato relativo al Pil è fondamentale nella politica economica di un Paese in quanto valore  determinante su cui agire sia per rientrare dal debito pubblico che per ridurne il rapporto col debito  pubblico. Per incrementare il Pil e per ridurre il rapporto debito/Pil, fermo restando lo sforamento dei parametri europei sul debito pubblico, bisogna cambiare radicalmente politica economica. E per  percorrere questa via il governo deve puntare su massicci investimenti pubblici ed orientare quelli privati, aumentare la spesa pubblica con un deciso incremento delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, settore nel quale siamo molto indietro rispetto ai principali partner di riferimento, rilanciare lo sviluppo produttivo, spingere per aumenti salariali e per l’incremento delle esportazioni, favorire nel contempo un aumento, regolato, dell'inflazione  che rimetta in moto la ripresa dei consumi. Un’inflazione vicina al 2%, come la stessa BCE suggerisce da tempo, è utile ai  Paesi con elevati stock di debito, come l’Italia, proprio ai fini dell’incremento del Pil, al contrario della deflazione. Un'inflazione troppo bassa o una deflazione vera e propria, infatti,  hanno un effetto negativo perché se lo stock di debito pubblico accumulato da finanziare con nuove emissioni di titoli obbligazionari è solitamente a prezzi costanti, e resta quindi invariato nel tempo, il Pil cala a prezzi correnti in quanto composto da valori che vengono aggiornati, in questo caso negativamente, con l’inflazione. Stando così le cose, la crescita del Pil, composto appunto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione, dovrà invece essere (moderatamente) inflazionata e sospinta, quindi, da un aumento del salario medio per favorire il riequilibrio degli indici di debito (Debito/Pil) che tenderanno a scendere. In questo possente obiettivo può essere di aiuto al governo lo stanziamento delle somme previste dal «Recovery Fund» in aggiunta, però, ad un'azione incisiva su reddito e consumi delle famiglie italiane con investimenti pubblici che siano di traino a quelli privati al fine di rilanciare lo sviluppo produttivo e incrementare il Pil. Bisogna tenere presente che lo sviluppo produttivo dipende dalla domanda che a sua volta dipende dal reddito, che è uguale alla produzione e generare un effetto moltiplicatore: l'incremento della domanda fa aumentare la produzione; l'aumento della produzione porta a un aumento del reddito dello stesso ammontare, dato che domanda e produzione sono identicamente uguali; la crescita del reddito aumenta ulteriormente il consumo che a sua volta genera un aumento della domanda e così via.  Se persiste un clima di forte incertezza c'è il rischio di compromettere l’efficacia degli eventuali stimoli alla domanda e quindi comprimere ulteriormente il Pil, le cui variabili principali  sono, appunto, i consumi in quanto parte più importante degli impieghi e gli investimenti perché rappresentano il potenziale produttivo del Paese.




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