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4 MARZO: LA GRANDE ILLUSIONE

Queste elezioni potevano e dovevano essere ricordate – ed in effetti così venivano presentate dagli analisti politici – come le più insignificanti e scialbe dal dopoguerra ad oggi, prive di contenuti e di programmi politici di rilievo capaci di orientare seriamente gli italiani nelle scelte di un nuovo Parlamento.
Con tutta probabilità saranno ricordate per quelle che hanno raso al suolo la Seconda Repubblica con uno sconvolgimento politico degno di uno tsunami, per vari motivi.
Innanzitutto un dato positivo, che caratterizza la “rabbia” degli italiani e la “rabbiosità” del giudizio sulla classe politica dominante, è dato dall’affluenza alle urne: 72,93% di votanti e recupero di 26 punti percentuali circa sulle elezioni regionali in Sicilia del 2017 (votanti 46,76%) sebbene ancora sotto il dato registrato alle elezioni politiche del 2013 (75,24%) ed ancor di più del 2008 (80,63%).
Gli italiani hanno deciso di tornare al voto “arrabbiati” perché mossi da una campagna “rabbiosa” fatta di slogan contro la casta, contro i ladri in Parlamento, contro la corruzione, a favore di coloro ritenuti meritevoli di fiducia per il semplice motivo di non aver mai finora governato e di essere contro il sistema dei Partiti… Poca importanza è stata data al confronto sui contenuti programmatici o sulle proposte politiche per il futuro sociale ed economico del Paese...
Bisognava mandare a casa la casta, punto!!
Al di là dell’indubbio successo del Movimento 5 Stelle, trasversale e nazionale, altre indicazioni eclatanti emergono dal voto del 4 marzo: (a) la definitiva resa della vecchia nomenclatura ex PDS ed in primis Bersani e D’Alema, mortificati per non dire ridicolizzati finanche a casa loro; (b) il ridimensionamento politico di Berlusconi incapace ormai sia di attrarre i cosiddetti moderati – che continua a “vedere” solo lui – che di incidere nell’ambito degli assetti del potere economico e finanziario già in cerca di un nuovo sponsor; (c) la rinascita della Lega con un Salvini in versione doppiopetto, capace tanto di imbonire il Sud quanto di galvanizzare il Nord; (d) l’inconsistenza politica della destra neofascista ed eversiva che potrebbe però essere recuperata come braccio armato di un eventuale governo a presenza leghista nel Ministero degli Interni; (e) scarsa penetrazione della proposta politica della sinistra anticapitalista nel tessuto sociale non controllato da pratiche di mutualismo – evidentemente fini a se stesse – e dei Partiti comunisti ormai settari e residuali oppure marginali.
E tutto questo anche e sempre grazie ad una campagna elettorale che non a caso ho definito rabbiosa che non ha quindi concesso spazi di lucidità di analisi agli italiani.
Di fatto, in maniera inconsapevole per quanto sopra detto, gli italiani hanno lasciato mano libera ad un riciclaggio del potere economico e ad un gattopardismo del potere politico; il primo ha scelto i nuovi referenti condizionandone le proposte elettorali.
Accecati dalla volontà di farla finita, gli italiani non hanno prestato la necessaria attenzione all’opportunismo di Di Maio, alla demagogia di Berlusconi, al camaleontismo di Renzi, allo squadrismo di Salvini, al velleitarismo di Grasso…
Gli italiani avevano già deciso che dovevano mandare tutti a casa ed aggrapparsi alla speranza che, perso per perso, almeno i grillini non erano compromessi col sistema dei Partiti…
Nessun credito alla sinistra di alternativa ritenuta ininfluente ed incapace di dare una scossa al palazzo e nessuna possibilità lasciata ai fascisti, valutata pura manovalanza non utile alla rinascita morale del Paese…
Tutto il Mezzogiorno è in mano al M5S, tremano le fondamenta del deluchismo nella stessa Salerno dove il primogenito del “caudillo” De Luca arranca ed è entrato in Parlamento dalla porta di servizio…
Il Nord è preda della Lega che con Salvini cambia il linguaggio e l’immagine ma non certo la durezza dei contenuti politici, intrisi di egoismo e razzismo, che terreno fertile hanno trovato anche e soprattutto nei comprensori industriali assediati dalla crisi e quindi facilmente manovrabili in funzione xenofoba…
Il Sindacato, anche quello metalmeccanico, paga anni di consociativismo e di fiancheggiamento al governo liberticida di centrosinistra, laddove troppo debole e slegata dalle esigenze e dai bisogni reali della classe operaia è stata l’attività di contrasto alle politiche economiche dei governi degli ultimi dieci anni.
La Sinistra riformista paga a caro prezzo l’incapacità di proporre nuovi percorsi e nuovi scenari per il rilancio economico strutturale del Paese in senso per lo meno neokeynesiano, apparendo agli occhi dei cittadini quale ceto politico autoreferenziale dedito più alla ricerca della propria sopravvivenza di casta (termine qui di certo pertinente) che non alla elaborazione di una convincente proposta politica.
La Sinistra di alternativa non ha calamitato né disagio sociale – la marginalità al Sud è oggettivamente eloquente – né protesta operaia – al Nord la Lega è ritenuta più contigua al mero egoismo individualista – portando a casa solo entusiasmo dei militanti e propositi di rivincita futura… In assenza di teoria rivoluzionaria e di capacità di analisi e di sintesi, l’azione di radicamento sul territorio e di penetrazione nel tessuto sociale si sono dimostrate chimere ben lungi dall’essersi realizzate col mutualismo o consolidate con l’assemblearismo.
Non è ancora chiaro come evolverà la sovrastruttura politica nel nostro Paese ma è invece evidente che la struttura e gli assetti economici di classe restano ben saldi nelle mani di burattinai che hanno già adeguato al “nuovo” la scena teatrale e che stanno ricomponendo le marionette che di qui a poco manovreranno per un altro giro e per un’altra corsa verso il profitto senza freni e senza tutele.
Noi comunisti non possiamo “aspettare” che gli eventi si compiano, dobbiamo riorganizzarci non solo nel Partito e come Partito ma anche come avanguardia e guida di una ritrovata massa d’urto che possa incidere nella società civile e guidare il ritorno alla lotta dei lavoratori, dei giovani, delle donne e più in generale degli esclusi e degli emarginati.
A tal scopo bisogna muoversi, dal mio punto di vista, su due direttrici chiare e cioè unità dei comunisti e fronte unito con la sinistra anticapitalista ma dobbiamo fare in fretta perché il sostrato sociale già permeato di sotterranea attività neofascista, facile manovalanza di un possibile, malaugurato, governo di Centrodestra, oppure stampella di un monocolore 5stelle unito a sacche sempre più ampie di povertà e di emarginazione che dal Sud si stanno ramificando anche al Nord, lascia prefigurare un futuro nero e violento per il nostro Paese.

Salerno, 5 marzo 2018

 

 




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