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STORIA DELL'EMERGENZA (DIS)UMANITARIA

Quando l’emergenza migranti ha iniziato a farsi sentire sulle coste italiane era l’estate del 2012. Un anno dopo, nell’ottobre 2013, il governo italiano ha lanciato la cosiddetta operazione Mare Nostrum, destinata al salvataggio in mare dei migranti che cercavano di attraversare il Canale di Sicilia salpando dalle coste libiche per raggiungere il territorio italiano e maltese. Il 31 ottobre 2014, dopo 12 mesi di sforzi tutti sulle spalle del governo italiano, Mare Nostrum è stata sostituita dall’operazione Triton, una vasta missione questa volta a guida europea, che ha puntato più che altro al controllo delle frontiere. A Triton è subentrata nel 2018 l’operazione Themis, più coerente con le nuove rotte migratorie. Collaterale è l’operazione Sophia, avviata nel 2015 e oggi prorogata dai Paesi Ue ma senza più le sue navi per adempiere al suo mandato, che si concentrava principalmente sugli sbarchi e il salvataggio delle persone in mare.
<> MARE NOSTRUM
L’operazione italiana è partita il 18 ottobre 2013, a seguito del tragico naufragio all’isola dei Conigli di una barca con a bordo 500 migranti avvenuto il 3 ottobre (366 morti accertati). Due gli obiettivi: garantire la salvaguardia della vita in mare, arrestare gli scafisti. Impegnati mezzi di Marina Militare, Guardia costiera, Aeronautica, Guardia di finanza. In particolare, la Marina partecipava con una nave anfibia (dotata di capacità ospedaliere e grandi spazi per accogliere i naufraghi), 2 corvette, 2 pattugliatori, due elicotteri, 3 aerei. Le navi d’altura si spingevano fino a ridosso delle coste libiche per operare i soccorsi. Il costo dell’operazione è stato di circa 9,5 milioni di euro al mese, tutti sulle spalle del governo italiano. L’unico Stato che ha aiutato l’Italia nell’operazione è stata la Slovenia. Pur avendo solo 44 km di mare, il governo di Lubiana ha mandato la nave Triglav per le operazioni di salvataggio. Mare Nostrum si è conclusa il 31 ottobre 2013, accompagnando poi Triton in versione gradualmente ridotta fino alla fine dell’anno. Oltre 160mila i migranti soccorsi durante l’operazione. Gli scafisti consegnati all’autorità giudiziaria sono stati 366. Mare Nostrum non era comunque la sola iniziativa attiva nel Mar Mediterraneo: affiancava Hermes, attivata dall’agenzia dell’Ue Frontex, che promuove la sicurezza e la gestione dei confini, a contrasto dell’immigrazione irregolare da Tunisia, Libia e Algeria verso le coste italiane. Sempre condotta da Frontex, c’era anche Aeneas, nel mar Jonio, per vigilare sulle coste pugliesi e calabresi.
<> TRITON
Il 1 novembre 2014 è dunque partita una nuova operazione. Non più italiana, questa volta, ma europea. Triton è stata dispiegata da Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere, a sostituire Mare Nostrum e tutte le altre missioni attive nel Mediterraneo. Il mandato non è salvare le vite in mare, ma operare il controllo delle frontiere, la missione istituzionale dell’Agenzia. Anche se, in caso di necessità, si operano anche interventi di ricerca e soccorso (Sar). Questa è l’aspetto ritenuto sin dall’inizio più controverso della missione di Frontex e, per questo, Triton è stata definita più volte una missione “non all’altezza”. Per rispondere al mandato, le navi di Frontex si mantengono in un’area entro 30 miglia dalle coste italiane, senza spingersi a Sud verso le coste libiche come accadeva con i pattugliamenti di Mare Nostrum. Il budget mensile è di 2,9 milioni di euro. I mezzi impiegati: due aerei, un elicottero, tre navi d’altura, quattro motovedette. La missione di Frontex prevede contributi volontari da 15 su 28 Stati membri dell’Ue. Gli Stati che attualmente contribuiscono volontariamente all’operazione Triton sono: Italia, Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Svizzera, Romania, Polonia, Lituania e Malta.
<> THEMIS
Il 1 febbraio 2018 Frontex ha lanciato una nuova operazione nel Mediterraneo centrale per assistere l’Italia nelle attività di controllo alle frontiere. L’Operazione Themis ha sostuito Triton e continua ad occuparsi come componente cruciale della ricerca e del soccorso, ma allo stesso tempo, ha un’attenzione rafforzata sulle forze dell’ordine. La sua area operativa copre il Mar Mediterraneo centrale in particolare le acque che coprono i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. “L’Operazione Themis rispecchia meglio i modelli mutevoli della migrazione, così come il crimine transfrontaliero – ha dichiarato il direttore di Frontex Fabrice Leggeri – e aiuta inoltre l’Italia a rintracciare attività criminali, come il contrabbando di stupefacenti attraverso l’Adriatico”. La componente di sicurezza di Operation Themis include la raccolta di intelligence e altre misure volte a individuare i foreign fighters e altre minacce terroristiche alle frontiere esterne. “Dobbiamo essere meglio equipaggiati per impedire che gruppi criminali che cercano di entrare nell’Ue non vengano individuati. Questo è fondamentale per la sicurezza interna dell’Unione europea”, ha aggiunto Leggeri. Nell’ambito di Operation Themis, Frontex continua la sua presenza nei punti di crisi in Italia, dove gli agenti schierati dall’agenzia assistono le autorità nazionali nella registrazione dei migranti, tra cui il rilevamento delle impronte digitali e la conferma delle loro nazionalità. Le navi Frontex continuano le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento dei centri di coordinamento del soccorso marittimo responsabili. La novità più importante è l’aver ribadito che i migranti dovranno essere portati nel porto più vicino al punto di soccorso.
<> SOPHIA
Un’altra operazione a guida europea è Sophia. Scaturita dalle decisioni del Consiglio europeo dell’aprile del 2015 per cercare di ridurre i morti in mare e contrastare il traffico di esseri umani, l’obiettivo primario della missione militare europea sotto comando italiano è quello di individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dalle organizzazioni che gestiscono la tratta di esseri umani. Al momento la missione può contare su 7 navi – una italiana, la San Giusto, due spagnole, una francese, una tedesca, una belga e una inglese – 3 elicotteri e 3 aerei. Il mandato dell’operazione Sophia scadeva il 31 dicembre 2018, ma era stata decisa una proroga fino al 31 marzo. I Ventotto Paesi Ue, dopo mesi di discussione, hanno deciso di proseguire la missione per altri sei mesi, durante i quali sarà però temporaneamente sospeso l’impiego di unità navali. La sospensione dell’attività di pattugliamento del Mediterraneo centrale condotta finora con unità navali, secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, è la conseguenza dell’impossibilità di trovare un accordo tra i 28 sullo sbarco anche in porti diversi da quelli italiani delle persone salvate in mare. Una richiesta avanzata fin dall’estate scorsa dal governo di Roma. Saranno invece rafforzate le altre attività della missione Sophia, cioè quelle di pattugliamento aereo e di addestramento-supporto alla Guardia costiera libica. Inoltre, secondo l’accordo odierno, si continuerà a cooperare con le organizzazioni internazionali e le autorità libiche per assicurare adeguata protezione ai rifugiati in Libia. Il comando della missione, il cui mandato resta formalmente immutato, continuerà a essere affidato all’Italia. Operativamente sarà il Comitato politico e di sicurezza Ue (Cops) a dare al comandante della missione, l’ammiraglio Enrico Credendino, l’ordine di ritirare da Sophia le unità navali attualmente in mare.

29 giugno 2019




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