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DITTATURA DEL PROLETARIATO O DEL CAPITALE?
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- Di Comintern
- Venerdì, 16 Maggio 2025 15:17
Ancora oggi si parla e si argomenta di dittatura. C'è chi la auspica per riportare l'ordine nella società civile, c'è chi la preferisce e c'è chi la aborrisce. Ma, in genere, cosa intendiamo per dittatura? Cosa vogliamo da un sistema politico dittatoriale? Ordine? Quale ordine? Comincio col dire che due sono le forme di dittatura praticabili, ancora oggi confrontabili nella pratica politica: dittatura del proletariato, temuta inconsapevolmente, e dittatura del capitale, preferita inconsapevolmente. La prima per nulla conosciuta a livello teorico, la seconda per nulla analizzata a livello teorico. La prima immaginata ma condannata a prescindere, la seconda vissuta ma apprezzata a prescindere. Provo a fare chiarezza, nella maniera più semplice possibile, ovviamente dal mio lato della barricata e in attesa di smentita. Sia la dittatura del proletariato che la dittatura del capitale sono concetti centrali nel pensiero marxista e nella storia del pensiero politico. La «dittatura del proletariato» è una fase transitoria, teorizzata da Marx ed Engels, in cui la classe operaia - intesa come la classe sociale dei lavoratori salariati - assume il potere politico per portare avanti riforme economiche e sociali, con lo scopo di superare il governo della borghesia e, quindi, il capitalismo e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo ed iniziare la costruzione di un sistema economico socialista stabilendo nuovi rapporti di produzione strettamente legati alla proprietà e alla gestione dei mezzi di produzione, alla divisione del lavoro. La «dittatura del capitale» è, invece, una forma di potere economico e finanziario, tipica del capitalismo, dove i proprietari dei mezzi di produzione (gli imprenditori) esercitano il dominio e il controllo sulla produzione, sfruttando i lavoratori salariati per il proprio profitto, garantiti in questo da un sistema politico - sovrastruttura del loro potere economico - che elabora leggi e normative a tutela della sopravvivenza e dello sviluppo del sistema capitalistico. Nella società capitalista, vigente la dittatura del capitale, le masse lavoratrici (proletari intesi come lavoratori salariati) costituiscono la classe sociale il cui ruolo nel sistema produttivo è quello di prestare la propria forza lavoro dietro il compenso del salario. In epoca contemporanea, proletari possono ancora essere definiti i lavoratori dipendenti, privi della proprietà e del controllo dei mezzi di produzione, possessori di una sola merce da vendere, ossia la loro forza-lavoro. Essi sono spinti dalla necessità vitale di dover produrre beni e servizi, per poter vivere e a volte sopravvivere, in base a quanto viene loro remunerato da chi si appropria del loro pluslavoro che è dato dalle ore di lavoro non necessario (straordinario) aggiunte dal capitalista per ottenere un valore della produzione maggiore di quello pagato. Secondo la teoria marxista, il pluslavoro genera un plusprodotto e, di conseguenza, un plusvalore esclusivamente a beneficio del capitalista. Quindi, coloro che auspicano il superamento della società capitalista - basata sul potere economico e politico dei pochi proprietari di mezzi di produzione (imprenditori) che si arricchiscono sfruttando il lavoro delle enormi masse di propri salariati (proletari) - a favore della società socialista - basata sul potere economico e politico della maggioranza della società civile, rappresentata dalla classe lavoratrice - propugnano la dittatura del proletariato (maggioranza) in risposta alla dittatura del capitale (minoranza). Questo significa per i comunisti, oggi come ieri, lottare per la dittatura del proletariato e per abbattere la dittatura del capitale.