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COVID-19: IL BILANCIO NEGATIVO DELLA SANITÀ ITALIANA

I progetti di riforma del servizio sanitario dopo la pandemia si scontreranno con un problema oggettivo trasversale all'intero sistema: la difficoltà di reperire nuovi medici. In generale, il numero di medici in Italia non è inferiore alla media europea: in Italia ci sono circa quattro medici ogni .1000 abitanti, un dato simile a quello tedesco e superiore alla maggior parte degli altri Stati dell'Unione Europea. Ma solo 1,7 di essi lavorano nelle strutture pubbliche. Proprio nelle aree in cui il PNRR ha deciso di investire maggiormente, come la medicina di emergenza e d'urgenza, la rianimazione e la medicina generale, si registrano carenze storiche che nei prossimi anni rischiano anche di aggravarsi. L'età media dei medici italiani è piuttosto alta, e questo porterà a un gran numero di pensionamenti nei prossimi anni, che potrebbero non essere sostituiti da energie più fresche. La disponibilità di nuovi medici è strettamente legata al numero di borse di studio per la frequenza delle scuole di specializzazione, i corsi post-laurea necessari per accedere alla professione. Negli anni precedenti alla pandemia questo numero è stato sistematicamente inferiore a quello dei pensionamenti. Dopo l'emergenza, il Ministero della salute ha decisamente aumentato le borse di studio. Dalle 8.900 del 2019 si è passati alle 13.400 del 2020 fino alle 17.400 del 2021. Ma sono rimaste non assegnate circa il 40% delle borse relative alla medicina d'urgenza e il 15% dei posti per anestesisti e rianimatori, aree considerate meno attrattive. In ogni caso, i nuovi specializzandi approderanno alla professione tra quattro o cinque anni, la durata dei corsi di specializzazione. Nei prossimi anni, nonostante gli investimenti, il numero di medici potrebbe essere addirittura inferiore a quello attuale. Secondo una proiezione dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, nel 2025 gli anestesisti rianimatori saranno circa 14.000, cioè 500 in meno di quelli attuali. Solo dopo quella data i provvedimenti del PNRR porteranno risultati concreti, e consentiranno di rafforzare le terapie intensive in base ai nuovi obiettivi fissati dal piano non solo con nuovi posti letto, ma anche con i medici e gli infermieri necessari a coprirli. Per il momento, in molti concorsi banditi per far fronte all'emergenza i candidati scarseggiano. A febbraio di quest’anno la ASL Napoli1 ha bandito un concorso per 50 posti di dirigente medico nell'area della medicina d'urgenza. Alla prima prova scritta, però, si sono presentati solo in sette, sei dei quali ancora in fase di specializzazione. Accade pure che durante il concorso, magari i medici che partecipano ricevono offerte di lavoro dalla sanità privata, proposte economicamente più allettanti che garantiscono persino percorsi professionali più comodi. Analogo discorso vale per i medici di base: in Italia ce n'è uno ogni 1.400 abitanti circa, il rapporto più basso rispetto agli altri paesi dell'Europa occidentale e circa tre quarti vantano un'anzianità dalla laurea superiore ai 27 anni, molti sono destinati alla pensione nei prossimi anni. Anche tenendo conto degli interventi straordinari finanziati grazie al PNRR, che garantiranno 900 borse in più ogni anno per la formazione di nuovi medici di base, l'Osservatorio sui conti pubblici italiani dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano prevede che tra il 2022 e il 2024 il mancato ricambio di medici di base sarà tra le 7.700 e le 13.600 unità. Per aumentare in tempi rapidi il numero dei medici I'SSN potrebbe ricorrere ai medici stranieri, un bacino che l'Italia sfrutta molto meno di altri paesi. Mentre il 12% dei medici francesi, il 13% di quelli tedeschi e il 30% di quelli britannici sono formati all'estero, in Italia questa quota è inferiore all'1% (dati OCSE). La scarsa attrattività è determinata da retribuzioni mediamente inferiori a quelle degli altri paesi europei, a cui si aggiungono ostacoli burocratici. Nelle procedure di assunzione, molte Regioni applicano normative sorpassate, come un decreto del 1994, nel frattempo dichiarato illegittimo, che riservava ai soli cittadini italiani le posizioni dirigenziali nel pubblico impiego, come quelle dei medici ospedalieri. Il decreto «Cura Italia» emanato nel marzo 2020, in piena crisi pandemica, ha aperto la possibilità di lavorare nella sanità italiana a “tutti i cittadini di paesi non appartenenti all'Unione Europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare” ma molte Regioni, da cui dipendono le assunzioni nell'assetto istituzionale italiano, hanno sostanzialmente ignorato questa prescrizione. Le recenti proteste dell'Associazione medici di origine straniera in Italia hanno portato ad aperture, sebbene parziali; le Regioni Umbria, Piemonte e Lazio hanno deciso di aprire i concorsi a medici di ogni nazionalità. Ma difficilmente basterà a colmare in tempi brevi carenze accumulate in molti decenni. Per il governo è giunto il tempo di affrontare seriamente e con decisione il problema onde evitare al Paese una grave ed insanabile ferita sociale.
(fonte dati: Le Scienze, maggio 2022)

 




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