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UCRAINA: LA TRISTE REALTÀ DI UN PAESE SPACCATO

Quella che in Ucraina sta emergendo in questi ultimissimi giorni, anche grazie alla diffusione video su canali televisivi alternativi che vengono utilizzati sempre anche dai media pubblici quando servono a confermare le versioni ufficiali - è la realtà di un Paese profondamente diverso da come in Occidente, come in Italia, viene rappresentato. Un Paese unito dalla tragedia della guerra e dalle devastazioni dei bombardamenti ma spaccato in due da un taglio netto inferto al suo cuore dagli eventi tragici di piazza Maidan. Un Paese dove, ad Ovest, si maledicono i russi, si piangono i parenti e gli amici morti sotto le bombe dell'aggressore, si chiede aiuto all'Europa. Un Paese dove, ad Est, si maledicono i nazisti ucraini di Azov e di Pravy Sektor che hanno rispolverato le svastiche ed ammazzato nel nome di Bandera, si chiede aiuto ai fratelli russi. L'Ucraina è un Paese dove gli eventi tragici del golpe di piazza Maidan a Kiev nel 2014 - perché di colpo di stato si è trattato - contro il governo legittimo del presidente Yanuchovich, reo di aver ritirato la proposta di adesione all'Unione Europea, hanno aperto un crepa che si è sempre più allargata in otto anni fino a giungere ai tragici eventi che stiamo vivendo, a una vera e propria guerra. Eventi mai condannati dall'Unione Europea,  prontissima invece nel drammatizzare e nel sanzionare eventi ben più contenuti in qualche arresto di oppositori avvenuto nella vicina Bielorussia del "dittatore" Lukashenka. In otto anni nessun Paese europeo, né tantomeno Usa e Russia, hanno realmente voluto e cercato una soluzione alla crepa che da Kiev a Luhansk stava spaccando l'Ucraina in preda di fatto ad una guerra civile tra il nord-ovest filoeuropeo e il sud-est filorusso. Per cercare di mettere fine alle ostilità furono avviati dei negoziati tra le parti in conflitto a Minsk, sotto l’egida dell’OSCE. Una prima tranche si svolse a settembre 2014, la seconda a febbraio 2015. Il primo accordo - Protocollo di Minsk - fu raggiunto il 5 settembre 2014 dal cosiddetto “Gruppo di Contatto Trilaterale sull’Ucraina” composto da rappresentanti della Russia, dell’Ucraina e delle Repubbliche separatiste di Doneck (DNR) e Luhansk (LNR). Sotto la supervisione di un portavoce dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), l’accordo prevedeva il cessate il fuoco immediato, lo scambio di prigionieri e l’impegno di Kiev di garantire maggiore potere alle repubbliche separatiste. Ma l'accordo rimase carta straccia e le ostilità continuarono. Per questo motivo, il 15 febbraio 2015 i negoziatori tornarono al tavolo delle trattative, ancora una volta a Minsk, per discutere un pacchetto di misure più efficace e mirato. Fu firmato così il Protocollo di Minsk II sotto l'egida dei capi di Stato di Russia, Ucraina, Francia e Germania - il “Quartetto Normandia” - che prevedeva un immediato cessate il fuoco, la rimozione di armi pesanti dal fronte e l’effettiva creazione di una missione di monitoraggio OSCE, il ritiro delle forze straniere e la ripresa del dialogo sulle elezioni a Donetsk e Luhansk e una possibile riforma costituzionale per garantire maggiore autonomia all’area del Donbass. Nulla di tutto questo è stato realizzato per responsabilità, sia ben chiaro, di tutte le parti sia belligeranti che garanti dell'accordo. Oggi siamo nelle condizioni in cui nessuno può vincere questa guerra, in cui all'interesse dell'Europa per la pace in Ucraina può fare da pericoloso contraltare la volontà degli USA e dei fedeli alleati britannici di riportare in auge la «dottrina Reagan» con la quale si decise circa quarant'anni fa, di costringere l'URSS a dissanguarsi economicamente supportando militarmente i Talebani (con Osama Bin Laden) in Afganistan. Ma siamo anche nelle condizioni in cui l'Ucraina non esiste più in quanto Stato unitario, ormai esistono due entità distinte e separate che difficilmente potranno dimenticare i morti pianti in questi otto anni di guerra. La pace che assolutamente dovrà porre fine al conflitto, probabilmente non potrà non tenere conto di questa frattura e non potrà, su questa frattura, dare una svolta alle trattative in corso riprendendo e ripartendo dall'ultimo Protocollo di Minsk. Da quell'accordo potrà nascere uno Stato federale sulla falsariga di quanto costruito e sperimentato in Bosnia-Erzegovina a seguito degli accordi di Dayton: due entità territoriali autonome con un proprio ordinamento, una Presidenza della Repubblica e un governo centrale composti da membri eletti in rappresentanza delle due entità. Ricomporre i cocci come se nulla fosse accaduto è praticamente impossibile nell'Ucraina di oggi.




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