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CAMBIARE POLITICA ECONOMICA PER RILANCIARE L'ITALIA
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- Di Comintern
- Giovedì, 24 Dicembre 2020 16:36
Un macigno pende sulla testa degli italiani, quello del rientro del debito pubblico che comporta, necessariamente, la sua riduzione in rapporto al Pil e che impone, strategicamente, il rilancio dello sviluppo produttivo. Il governo – anche attingendo in questo frangente ai soldi messi a disposizione dal «Recovery Fund» – potrà muoversi in due modi: (1) ripagare il debito, agendo cioè sul numeratore per diminuirlo e cioè ottenere un avanzo, per esempio attraverso l’aumento delle entrate fiscali e/o tagli della spesa pubblicaoppure oppure (2) incrementare il Pil, aumentando il denominatore per ridurre il rapporto debito/Pil attraverso manovre fiscali espansive che alzano il livello del Pil e sono finanziate da un aumento del deficit. Nel primo caso, limitandosi ad un taglio delle tasse per ridurre la pressione fiscale ma senza creare squilibri nella finanza pubblica, bisognerebbe operare veri e propri tagli alla spesa pubblica che renderebbero vani i piani economici del governo legati all’utilizzo dei soldi ricevuti dal «Recovery Fund» che vincola l’utilizzo delle risorse finalizzato agli investimenti pubblici laddove, segnatamente per il nostro Paese, questa strada deve essere percorsa con decisione anche per attivare investimenti privati con l’obiettivo strategico di rilanciare un deciso sviluppo produttivo. Nel secondo caso, l'unica via che oggi appare oggettivamente da percorrere, è proprio quella di gestire lo sforamento dei parametri sul debito pubblico mediante un utilizzo mirato dei fondi europei puntando ad un cambio radicale di politica economica. Una nuova politica economica che incentivi strategicamente massicci investimenti pubblici per stimolare ed indirizzare quelli privati, che dia una forte spinta all'esportazione, che conduca ad aumenti salariali anche per far risalire l'inflazione entro parametri gestibili (2%) e che punti all’incremento della massima occupazione possibile per favorire la massiccia ripresa dei consumi delle famiglie italiane. Una nuova politica economica che rilanci la crescita del Pil, composto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione, dovrà essere quindi (moderatamente) inflazionata, sospinta da un aumento del salario medio per favorire il riequilibrio degli indici di debito (Debito/Pil) che tenderanno a scendere e dovrà riuscire a sgretolare il grande timore per il futuro del Paese che attanaglia le famiglie italiane costringendole, di fatto, ad un eccesso di liquidità immobilizzata su conti correnti. L'Italia che vuole ripartire ha, quindi, di fronte due sfide immani: incrementare il Pil, anche in rapporto al debito pubblico, e portare a regime l'economia rilanciando fortemente lo sviluppo produttivo. Non mancano le capacità per voltare pagina: agire sulla leva inflattiva e salariale, da un lato, e su quella dello sviluppo produttivo e dei consumi, dall'altro. Lo sviluppo produttivo, infatti, dipende dalla domanda che a sua volta dipende dal reddito, che è uguale alla produzione. Bisogna ingenerare un effetto moltiplicatore nel sistema economico: l'incremento della domanda fa aumentare la produzione; l'aumento della produzione porta a un aumento del reddito dello stesso ammontare, dato che domanda e produzione sono identicamente uguali; la crescita del reddito aumenta ulteriormente il consumo che a sua volta genera un aumento della domanda, e così via. Aumenti salariali e massima occupazione possibile devono poi necessariamente completare e dare impulso al cambio di passo strategico in politica economica. Se persisterà il clima di forte incertezza c'è il rischio di compromettere l’efficacia degli eventuali stimoli alla domanda e quindi comprimere ulteriormente il Pil, le cui variabili più importanti sono, appunto, i consumi in quanto parte più importante degli impieghi e gli investimenti perché rappresentano il potenziale produttivo del Paese.