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RUSSIA: UN ALTRO ORDINE MONDIALE. QUALE?

La Russia è aperta ad un negoziato per porre fine alla guerra con l'Ucraina se saranno presi in considerazione i suoi interessi. Questo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo, Lavrov, in visita in Turchia do a ha anche chiesto di porre fine a “un ordine mondiale unipolare guidato da una potenza egemone”. Una proposta vaga e faziosa, evidentemente anch'essa unilaterale, proprio perché tiene in considerazione gli interessi della Russia in Ucraina e non affronta, almeno nelle stringate dichiarazioni rilasciate dal ministro Lavrov, il reale problema della competizione globale in essere ma punta a porre fine al conflitto col minor danno possibile per il suo Paese. Oggi, infatti, miliardi di donne e di uomini vivono, anche sulla propria pelle, un ordine mondiale che non è assolutamente unilaterale bensì dominato dal confronto a tutto campo tra Usa e Cina, tra imperialismo e socialimperialismo. Confronto nel quale si è inserito il revanscismo della Russia, già da tempo impegnata a ritagliarsi uno spazio politico, militare ed economico in Medioriente, ed ora impegnata in una guerra di invasione dell'Ucraina che ha pensato di vincere troppo in fretta e troppo facilmente. Quindi multipolarismo globale -  economico, finanziario e politico - supportato anche da incredibili dotazioni di armi atomiche laddove Russia (6225 testate nucleari) e Usa (5550 testate nucleari) posseggono il 90% degli arsenali di tutto il mondo in mano complessivamente a nove Paesi: oltre a Russia e Usa, ci sono Cina, Francia, Gran Bretagna, Pakistan, India, Israele e Corea del Nord a completare il dispiegamento. Ad oggi abbiamo vissuto tre fasi della competizione mondiale, dalla fine della seconda guerra mondiale: (1) l'equilibrio del terrore, dominato dal confronto armato tra Usa ed Urss (2) unipolarismo, successivo alla dissoluzione dell'Urss che ha lasciato campo libero all'imperialismo Usa (3) multipolarismo, successivo all'emergere della Cina come potenza economica e finanziaria all'inizio di questo secolo. Questo è oggi l'ordine mondiale che stiamo vivendo, con il continuo confronto tra Usa e Cina per la ricerca di nuovi mercati da conquistare, in Africa, in Asia ed anche in Europa con il tentativo cinese di apertura alla «Via della Seta» in Italia che fa seguito ad una forte e distorsiva presenza economica in Grecia. Lì il gruppo Cosco –  «China Ocean Shipping Company» – che è un colosso statale cinese, nel 2009 a seguito della drammatica crisi economica e finanziaria che travolse la Grecia si accaparrò il controllo dei Terminal Cargo del porto del Pireo per poi acquisire, nel 2016, il possesso completo dell'intera Autorità Portuale. Inutile stare a descrivere le condizioni e gli orari di lavoro degli operai cinesi che di fatto costringono gli operai greci della SEP – «Piraeus Container Station» – e della PPA – «l’Autorità Portuale del Pireo» – a subire lo sfruttamento nella parte greca de porto del Pireo. Quale ordine mondiale vuole e chiede la Russia? Solo quello che possa preservare i suoi interessi geopolitici? Da costruire,  poi, con quali Paesi? Senza il coinvolgimento della Cina, da un lato, ma anche, dall'altro, dei Paesi cosiddetti non allineati? Come costruire un nuovo ordine mondiale? Quali devono essere gli attori principali della costruzione del nuovo ordine mondiale? Quale il ruolo dell'Europa? Quale la finzione dell'ONU? Da ultimo, ma non per ultimo, interessa davvero un nuovo ordine mondiale alla Russia? È bene ricordare che l'ultimo leader russo (sovietico) che realmente volle e chiese la costruzione di un nuovo ordine mondiale fu Gorbačëv, che a inizio 1986 lanciò una proposta politica di disarmo nucleare con l'obiettivo di abolire le armi atomiche entro la fine del millennio. Quella proposta condusse al «Trattato Intermediate-Range Nuclear Forces  siglato nel 1987 da Reagan e Gorbačëv e segnò la fine della guerra fredda, prevedendo lo smantellamento di tutti i missili nucleari di Stati Uniti e Unione Sovietica con gittata tra i 500 e i 5.000 chilometri. Bisogna, comunque, andare a vedere le carte che la Russia ha intenzione di mettere sul tavolo, scegliendo però bene chi debba essere chiamato a verificare. Certamente Russia, Usa e Cina ma anche Europa, Asia, Africa e Oceania: in pratica il mondo intero. Sede naturale per l'apertura e lo svolgimento dei lavori non può non essere il palazzo di vetro dell'Onu. Parimenti la precondizione alle trattative deve essere l'estensione universale del «Trattato per la proibizione delle armi nucleari» (TPNW) – adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, aperto alla firma il 20 settembre 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021 ovvero novanta giorni dopo la ratifica di almeno 50 Stati –  che è, di fatto, il primo trattato internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi nucleari rese illegali in un percorso verso la loro completa eliminazione ma anche la dichiarazione, 

firmata il 3 gennaio 2022, da Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Francese, Federazione Russa, il Regno Uniti e Usa, di impegno a ridurre la proliferazione nucleare. Ma questo non basta: tutte le potenze nucleari e/o dotate di ogive nucleari devono solennemente dichiarare di cessare la proliferazione di armi nucleari, biologiche, chimiche e di impegnarsi a distruggere in tempi certi, e con modalità controllabili da parte dell’AIEA, tutti gli arsenali in loro possesso. Parimenti, questo deve essere obiettivo strategico dell’Unione Europea, deve essere concordato ed attuato lo scioglimento di tutte le organizzazioni militari esistenti a cominciare dalla NATO – Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord a guida statunitense – e dalla CSTO – Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva – creata nel 1992 dalla Russia con alcuni dei Paesi facenti parte del disciolto Patto di Varsavia. Ulteriore passo, a completamento del disarmo nucleare e dello scioglimento delle alleanze militari, resta quello del ritiro di tutti gli eserciti delle grandi potenze impegnati e dislocati nei vari paesi a supporto di regimi politici o di focolai di guerra, e della loro eventuale sostituzione di truppe sotto egida ONU in funzione di peacekeeping. Solo con queste premesse e su queste basi, si potrà prendere atto della volontà delle grandi potenze di condividere un progetto finalizzato alla creazione di un nuovo ordine mondiale basato sulla pace tra i popoli.




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